Distanza
Un vecchio Maestro Taoista si addentra tra la folla di un mercato di Shangai; al suo passaggio la gente si sente spingere via ma non capisce chi sia stato perché ognuno voltandosi vede solo un fragile vecchietto che continua a camminare sorridendo. Intanto intorno a lui si crea un varco tra la folla, il Maestro Taoista è quasi invisibile eppure la sua energia è concreta.
Questa è una delle storie preferite che il Maestro Chu King Hung racconta agli allievi: il Maestro del suo Maestro che creava scompiglio al mercato senza toccare nessuno, ma facendo rimbalzare tutti, sorridendo.
Mi è tornata in mente perché in questi mesi si parla tanto di distanziamento sociale: quel metro di distanza fisica, spazio da mantenere tra noi e l’altro, affinché le particelle di saliva emesse mentre parliamo o respiriamo, non raggiungano chi ci sta vicino.
Il distanziamento per molti è un obbligo necessario, per altri inutile, in ogni caso a mio avviso è un porre l’attenzione sulla responsabilità del proprio spazio e dunque la scelta davvero consapevole di chi e cosa in questo “spazio nostro” vogliamo fare entrare.
Di distanza sociale si parla nella Prossemica, la disciplina che studia lo spazio della comunicazione; il termine è stato coniato dall'antropologo americano Edward T. Hall che osservando la distanza tra le persone ha definito quattro “zone”:
Area intima intesa come area che può essere occupata solo da persone con le quali si condivide un rapporto intimo (ad esempio amici, genitori, innamorati.);
Area personale intesa come distanza che ci separa dagli altri (ad esempio riunione di lavoro, uscite, feste);
Area sociale ovvero la distanza fra noi ed un estraneo;
Area pubblica cioè quella distanza che scegliamo di avere in un contesto pubblico.
Nella Prossemica la distanza sociale dunque è quella della conoscenza formale, in cui, secondo le regole di questo periodo, dovrebbero essere mantenute anche le nostre amicizie e i nostri affetti: insomma occorrerebbe distanziare tutti come estranei. Parecchie potrebbero essere le ripercussioni a livello psicologico del prolungarsi di questo distanziamento, ma è certo che questo metro di distanza serve a poco se la “paura” del virus bloccando il fluire della nostra energia e del respiro (e per questo rimando a trattati di medicina cinese) ci rende vulnerabili annullando il nostro spazio energetico.
Hall parla di spazio neutro tra me e l’altro; a me invece piace parlare di spazio da riempire di energia, che si dovrebbe imparare a riconoscere e a gestire.
Ognuno ha uno spazio intorno a se, uno spazio intimo, uno spazio tutto suo di cui ora più che mai è responsabile. Non parlo ovviamente di farlo diventare una corazza, non deve essere qualcosa di impenetrabile perché altrimenti sarebbe come stare in una sorta di autismo, isolati dal mondo. Il nostro spazio energetico deve essere flessibile, permeabile, ma ognuno dovrebbe saper gestire il proprio consapevolmente.
La distanza da mantenere dall'avversario è uno degli argomenti di tutte le arti marziali.
Tai chi infatti è anche gioco di relazione, dunque è necessario percepire e gestire lo spazio che occorre mantenere dall'altro, per poter trasformare la sua azione in un vantaggio; lo spazio in cui se l’avversario entra non posso più muovermi...significa che ha vinto.
Come con le arti marziali si impara a riconoscere la distanza, con il Tai Chi si riconosce lo spazio energetico da proteggere e curare, necessario per poter trasformare l’attacco dell’altro, per trasformare Yang in Yin e viceversa.
Lo spazio dell’azione è dunque il nostro spazio personale, quello che mi piace chiamare” il giardino” in cui possiamo coltivare i nostri soffi, il nostro Qi, la nostra energia; uno spazio che è solo nostro e di cui siamo responsabili.
A prescindere dalla distanza, dovremmo imparare ad essere consapevoli di chi e cosa facciamo entrare nel nostro spazio. Per mantenere alte le difese immunitarie ognuno deve coltivare il proprio “giardino” e prendersene cura...uno dei modi per farlo è il Qi Gong, il respiro consapevole, la chiarezza dello Yi.
Tornando all'inizio della storia capiamo che un grande Maestro di Tai Chi non è invincibile perché batte tutti ma perché nessuno riesce a toccarlo, tale è la sua potenza energetica.
Utilizziamo dunque questo periodo come un’occasione unica per riflettere su cosa significa il “nostro spazio”, scegliendo di far entrare solo chi e cosa possa aiutarci farlo fiorire.
Questa è una delle storie preferite che il Maestro Chu King Hung racconta agli allievi: il Maestro del suo Maestro che creava scompiglio al mercato senza toccare nessuno, ma facendo rimbalzare tutti, sorridendo.
Mi è tornata in mente perché in questi mesi si parla tanto di distanziamento sociale: quel metro di distanza fisica, spazio da mantenere tra noi e l’altro, affinché le particelle di saliva emesse mentre parliamo o respiriamo, non raggiungano chi ci sta vicino.
Il distanziamento per molti è un obbligo necessario, per altri inutile, in ogni caso a mio avviso è un porre l’attenzione sulla responsabilità del proprio spazio e dunque la scelta davvero consapevole di chi e cosa in questo “spazio nostro” vogliamo fare entrare.
Di distanza sociale si parla nella Prossemica, la disciplina che studia lo spazio della comunicazione; il termine è stato coniato dall'antropologo americano Edward T. Hall che osservando la distanza tra le persone ha definito quattro “zone”:
Area intima intesa come area che può essere occupata solo da persone con le quali si condivide un rapporto intimo (ad esempio amici, genitori, innamorati.);
Area personale intesa come distanza che ci separa dagli altri (ad esempio riunione di lavoro, uscite, feste);
Area sociale ovvero la distanza fra noi ed un estraneo;
Area pubblica cioè quella distanza che scegliamo di avere in un contesto pubblico.
Nella Prossemica la distanza sociale dunque è quella della conoscenza formale, in cui, secondo le regole di questo periodo, dovrebbero essere mantenute anche le nostre amicizie e i nostri affetti: insomma occorrerebbe distanziare tutti come estranei. Parecchie potrebbero essere le ripercussioni a livello psicologico del prolungarsi di questo distanziamento, ma è certo che questo metro di distanza serve a poco se la “paura” del virus bloccando il fluire della nostra energia e del respiro (e per questo rimando a trattati di medicina cinese) ci rende vulnerabili annullando il nostro spazio energetico.
Hall parla di spazio neutro tra me e l’altro; a me invece piace parlare di spazio da riempire di energia, che si dovrebbe imparare a riconoscere e a gestire.
Ognuno ha uno spazio intorno a se, uno spazio intimo, uno spazio tutto suo di cui ora più che mai è responsabile. Non parlo ovviamente di farlo diventare una corazza, non deve essere qualcosa di impenetrabile perché altrimenti sarebbe come stare in una sorta di autismo, isolati dal mondo. Il nostro spazio energetico deve essere flessibile, permeabile, ma ognuno dovrebbe saper gestire il proprio consapevolmente.
La distanza da mantenere dall'avversario è uno degli argomenti di tutte le arti marziali.
Tai chi infatti è anche gioco di relazione, dunque è necessario percepire e gestire lo spazio che occorre mantenere dall'altro, per poter trasformare la sua azione in un vantaggio; lo spazio in cui se l’avversario entra non posso più muovermi...significa che ha vinto.
Come con le arti marziali si impara a riconoscere la distanza, con il Tai Chi si riconosce lo spazio energetico da proteggere e curare, necessario per poter trasformare l’attacco dell’altro, per trasformare Yang in Yin e viceversa.
Lo spazio dell’azione è dunque il nostro spazio personale, quello che mi piace chiamare” il giardino” in cui possiamo coltivare i nostri soffi, il nostro Qi, la nostra energia; uno spazio che è solo nostro e di cui siamo responsabili.
A prescindere dalla distanza, dovremmo imparare ad essere consapevoli di chi e cosa facciamo entrare nel nostro spazio. Per mantenere alte le difese immunitarie ognuno deve coltivare il proprio “giardino” e prendersene cura...uno dei modi per farlo è il Qi Gong, il respiro consapevole, la chiarezza dello Yi.
Tornando all'inizio della storia capiamo che un grande Maestro di Tai Chi non è invincibile perché batte tutti ma perché nessuno riesce a toccarlo, tale è la sua potenza energetica.
Utilizziamo dunque questo periodo come un’occasione unica per riflettere su cosa significa il “nostro spazio”, scegliendo di far entrare solo chi e cosa possa aiutarci farlo fiorire.
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