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Re-spirare
Quasi un anno di pandemia. In tanti ci saremo soffermati, tra incertezze e dolore, a pensare ad uno degli argomenti più complicati da affrontare nella vita: la Morte.

Tutti chi più chi meno, abbiamo avuto a che fare con questo spettro. Tutti abbiamo perso una persona cara, un parente, un amico, un animale domestico. Certo, nella storia dell’umanità ci sono state e ci sono guerre e anche pandemie, ma questa... quella del 2020 è la pandemia del mondo globalizzato. Oggi, ad avere a che fare con la morte, da vicino, siamo in un modo o nell’altro proprio tutti; sette miliardi di persone simultaneamente.
Nell’era moderna, la tecnologia e la ricerca scientifica hanno decisamente aumentato le aspettative di vita degli esseri umani, dando però l’illusione della possibilità di tenere lontana la morte. E’ argomento tabù ancora per molti, come se al solo nominarla la si facesse apparire. La morte è diventata qualcosa che non riconosciamo e che fa paura.  
Si ha paura di morire, esalare l’ultimo respiro... spirare. 

Re-spirare significa ripetere il soffio, quello con cui, per la tradizione giudaico-cristiana, Dio donò la vita al corpo di Adamo. Dio spira nell’uomo donandogli il soffio vitale. Spirare dunque è l’impossibilità di ripetere il soffio, la fine della vita.
Secondo la tradizione Taoista, ogni essere umano viene al mondo con un certo numero di soffi, di respiri, oltre che una missione da compiere. Lo scopo della vita è riuscire a realizzare la missione per cui siamo al mondo utilizzando al meglio i respiri che abbiamo in dote.
Una volta venuti al mondo cominciamo a respirare; non possiamo aumentare i soffi, ma possiamo imparare a non sprecarli. evitando tutti i comportamenti che portano ad una dispersione dell’energia vitale. Qi è l’energia, il soffio vitale che va coltivato. 
Allungare la vita allora ha senso non per allontanare il più possibile la morte in se, ma per avere più opportunità di riconoscere e realizzare l’obbiettivo dell’anima. 

In realtà con la morte abbiamo a che fare ogni attimo della nostra vita, poiché di fatto dal momento in cui nasciamo, già cominciamo a morire. L’opposto della morte non è la vita ma la nascita, e questa alternanza tra nascita e morte nel nostro corpo, nella nostra vita, accade continuamente. La bellezza della vita, ogni forma di vita, sta proprio nella sua impermanenza.
L’idea di realtà come impermanenza è alla base dell’ “I Ching, Il libro dei mutamenti”. Considerato il primo dei testi classici cinesi, influenzò il pensiero di Chuang Tzu e dunque del Taoismo e di tutte le arti che su esso si basano. Ma, la vita come continuo mutamento non è certo un concetto esclusivo del Taoismo. Nello stesso periodo storico, da questa parte del mondo, Eraclito, filosofo greco, raccontò che” Tutto muta, noi stessi siamo e non siamo nello stesso istante”.  E continuamente le nostre cellule muoiono e si rigenerano; continuamente le esperienze ci cambiano per cui non siamo ciò che eravamo un attimo prima; continuamente respiriamo e dal primo all’ultimo respiro è un continuo alternarsi di morire e rinascere, apparire e sparire. La vita stessa è una continua pulsazione tra la nascita e la morte. 

Soffio è anche sinonimo di evanescente... Tutto scorre e, come diceva Eraclito “non è possibile bagnarsi due volte nello stesso fiume”. Tutto cambia, tutto è vacuità e la bellezza della vita sta nella sua limitatezza.
Tutte le grandi tradizioni spirituali della terra si basano sul concetto di impermanenza del mondo. Noi soffriamo non perché l’impermanenza sia di per sé sofferenza, ma perché non riusciamo ad accettare che le cose cambino. Lo abbiamo dimenticato oppure abbiamo voluto dimenticarlo.
Nel mondo in cui viviamo non siamo più abituati a pensare in termini di impermanenza, tanto da identificarci con il nostro corpo come se fosse eterno o con i nostri averi come se non dovessero mutare mai. Eppure la vita è un ciclo, tutto ha un inizio e una fine ed in questo sta la sua bellezza. 

Comprendere profondamente questo aspetto ci manterrebbe distaccati dalla sofferenza dell’attaccamento. Per poter accettare fino in fondo l’impermanenza intrinseca della vita, dovremmo riuscire a trovare stabilità in noi stessi; trovare un centro, un nucleo stabile e imperturbabile nella continua e incessante trasformazione. Come diciamo tra praticanti di Tai Chi: “ricercare la quiete nel movimento e il movimento nell’immobilità”. Anche per questo si pratica: per saper cogliere l’Impermanenza del Tutto.
La vita è un soffio! Solo tornando ad essere consapevoli della vacuità riusciremo a ritrovare la felicità nelle piccole cose, la felicità di ripetere il soffio, di re-spirare.
E, se al terminare dei soffi saremo stati capaci di comprendere e accettare, non solo razionalmente, l’impermanenza, la morte non ci farà più paura.

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